Scrivo perché non sono mai stata capace di comunicare in modo efficace a voce. In generale: a tutti i livelli e in tutti i contesti. Pochissime volte mi sono sentita totalmente a mio agio con il modo nel quale mi sono espressa. Molto spesso, invece, non mi sono riconosciuta nelle mie parole, anzi: mi è sembrato di ritrovarci la voce di qualcun altro, magari nemmeno troppo vicino a me. Allora mi sono sentita sporca, inquinata, e mi è capitato di camminare ore ed ore, per fare evaporare il disagio oppure accelerarne la sepoltura, nel fosso senza fondo dell’oblio.
Ha qualcosa di approssimativo, la comunicazione discorsiva: è fragile ed esposta alle correnti. Tranne in alcuni momenti che hanno del magico, nei quali sbocciano e si sviluppano i legami più profondi della vita, o i ragionamenti che illuminano in uno squarcio di luce – e di poesia – tutto il resto.
La scrittura è un’altra cosa. La scrittura, nel suo intreccio di finzioni e nella trasposizione virtuale del reale, è lo spazio della verità più sfrenata. Forse il più ampio e versatile spazio della verità nel grande coworking dell’arte, dove il discorso brucia nel canto e con lui tutto ciò che di incomprensibile e sgradevole c’è dentro di noi.
Scrivo per fare pace con me stessa, con le mie parole, dopo averci lottato corpo a corpo. Scrivo per scavare nelle parole le tante verità che colorano una situazione, e che senza la scrittura – e il nutrimento del silenzio – andrebbero perse dietro alle più superficiali impressioni a cui ci espone continuamente il nostro agire.
Anche io attribuisco un grande valore alla scrittura. Scrivere, per me, è un altro mio modo di essere, è una specie di respiro branchiale, se fossi un anfibio. Voglio dire… che per me scrivere è vivere.
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Dici bene, e condividere quel che si scrive – così come leggere – amplifica e arricchisce la vita stessa di nuove ispirazioni…
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